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Trento, 15 settembre 2011
Addio Giancarlo Zizola, una voce profetica
di Marco Boato
da l’Adige di giovedì 15 settembre 2011


La morte improvvisa e inattesa di un amico carissimo lascia sempre sconvolti e un po’ storditi. In altri casi, la malattia è invece un modo di accompagnare l’amico verso l’appuntamento finale (quando c’è) e anche di prepararsi all’idea che con quella persona possa arrivare il momento dell’estremo congedo. Che del resto, prima o poi, arriverà per tutti noi.

Con Giancarlo Zizola non è stato così: se n’è andato improvvisamente, a 75 anni, alle cinque di ieri mattina a Monaco di Baviera (probabilmente per un infarto), dove aveva appena partecipato a un Convegno di dialogo interreligioso promosso dalla Comunità di Sant’Egidio.

Il giorno prima, martedì, aveva tenuto la sua relazione su «La comunicazione nella Chiesa» ed era stato come sempre critico e dialogico al tempo stesso. A pensarci bene, da credente e da laico, alla comunicazione nella Chiesa aveva dedicato l’intera sua vita, che aveva attraversato innumerevoli testate giornalistiche, ma che non era mai venuta meno alla coerenza sia verso il messaggio evangelico e la riforma della Chiesa, sia verso tutte le tematiche più scottanti del mondo contemporaneo, ma prima di tutto e soprattutto sulle questioni della pace e del dialogo tra religioni e culture diverse.

Impossibile ricordare ora tutti i quotidiani, i settimanali e le riviste per cui Giancarlo Zizola ha scritto, a partire dalla metà degli anni ’50. Dopo «L’Avvenire d’Italia» è stato per molti anni il «vaticanista» (termine che lui però non amava) a «Il Giorno», quando ancora questo giornale, negli anni ’60 e poco oltre, rappresentava una voce innovativa nel panorama italiano. Ma ha lavorato anche a «Il Messaggero», nei periodici («l’Espresso», «Panorama» e ancora fino ad oggi a «Rocca», della Pro civitate cristiana di Assisi), a «Il Sole-24 Ore», per approdare negli ultimi anni a «la Repubblica», su cui scriveva non tanto articoli di cronaca (lasciati ormai ad altri, più giovani), ma vere e proprie riflessioni critiche di largo respiro sulle vicende ecclesiali e sui rapporti chiesa-mondo.

Per questo motivo, collaborava anche a testate francesi prestigiose come «Informations catholiques internationales» e «Le Monde diplomatique».

La sua formazione e tutta la sua vita successiva sono state profondamente segnate dal rapporto col pontificato di Giovanni XXIII e col Concilio ecumenico Vaticano II, che, ancora molto giovane, ha seguito giorno dopo giorno con straordinario interesse ed entusiasmo, esperienza che ha lasciato in lui un segno indelebile. Pur sapendo che da parte di Zizola non erano mai mancate critiche anche assai dure ad alcuni aspetti della vita «ufficiale» della Chiesa (sempre espresse, del resto, con grande rigore di linguaggio e di riferimenti storici e teologici, senza mai abbandonarsi a invettive o risentimenti), anche il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha sottolineato ieri questo aspetto della figura di Zizola: «Un vero testimone del tempo del Concilio e sinceramente preoccupato di conservarne lo spirito». E ancora: «Aveva una conoscenza ormai lunga della vita e della storia della Chiesa e continuava a seguirla con partecipazione sincera, coltivando attese e ideali di povertà, spiritualità e di testimonianza profetica evangelica».

Queste parole, sincere e autentiche, di padre Federico Lombardi, mi hanno fatto tornare alla mente quelle che Zizola scriveva a conclusione della prefazione al suo libro su «Giovanni XXIII: La fede e la politica» (Laterza, 2000): «È difficile negare che parlare oggi di Giovanni XXIII è divenuto drammatico. È affrontare il dramma della Chiesa oggi, della sua povertà di testimonianza evangelica, della sua difficoltà di profezia, delle sue responsabilità di restaurare lo spirito del Concilio Vaticano II e di far seguire alla confessione degli errori storici, e ai mea culpa solenni, delle riforme tali da ridurre la possibilità che vengano lapidati oggi i profeti che saranno esaltati sugli altari domani».

Non è un caso che forse il primo libro di Giancarlo Zizola fu, nel 1973, quello intitolato «L’utopia di papa Giovanni» (Cittadella, Assisi). A quella «utopia» egli è poi rimasto fedele per tutta la sua vita e, pur arricchendo enormemente le sue conoscenze e i suoi studi (non solo storici, ma anche teologici), se ne continuano a trovare tracce nei suoi numerosi lavori saggistici. Forse il più difficile e critico fu quello (più volte ripubblicato) dedicato a papa Giovanni Paolo II, di cui cercava di analizzare non solo le luci sfolgoranti, ma anche le ombre: «L’altro Wojtyla. Riforma, restaurazione e sfide del Millennio» (Sperling e Kupfer, 2003). Traggo dall’introduzione a quel libro sulla «fondamentale complessità di questo papa», un periodo lungo e difficile, ma ancora di straordinaria attualità: «Le stesse zone d’ombra, specialmente l’assolutismo della morale sessuale, la condanna della teologia della liberazione, il no all’ordinazione della donna, la stessa ambiguità del progetto di restaurare il messaggio religioso nel dibattito pubblico della società postmoderna, potrebbero ricevere una migliore comprensione, anche critica, se ricollocate nella prospettiva del confronto aperto da Wojtyla sulle derive della modernità, con un’interpellanza radicale alla cultura laica sulle esigenze di integrare il progresso in ogni campo con il recupero dell’eticità, anche nella prassi politica».

Giancarlo Zizola, veneto, aveva forti legami ricorrenti anche col Trentino. Il suo libro «Il conclave. Storia e segreti» (Newton e Compton, 1993) ha una introduzione datata «Pergine (Trento), 8 novembre 1993» e il libro stesso è dedicato «alla Comunità del Maso San Pietro di Pergine» (a cui era legato per ragioni familiari). Forse il più impegnativo dei suoi libri, «Santità e potere. Dal Concilio a Benedetto XVI: il Vaticano visto dall’interno» (Sperling e Kupfer, 2009) ha avuto una delle sue prime presentazioni proprio a Trento, il 9 giugno 2009, al Centro Bernardo Clesio, dove ne discutemmo con lui, in un pomeriggio indimenticabile, Vittorio Cristelli, Giorgio Grigolli e io stesso (proseguendo poi per ore l’incontro, pieno di ricordi e riflessioni critiche, anche in modo conviviale). Pochi mesi dopo, il 26 settembre, Giancarlo Zizola tornò a Trento, dove tenne per un intero pomeriggio una vera e propria lezione e discussione sullo stesso tema alla «Scuola Langer», nella Sala rosa della Regione. Avevamo programmato per il 2012 un suo nuovo incontro alla Scuola Langer» su un tema a lui carissimo: le religioni, la guerra e la pace (su cui aveva scritto «La spada spezzata», Ancora, 2005). La morte improvvisa l’ha portato via prima, con l’unica consolazione che probabilmente ha sofferto solo brevemente prima di andarsene per sempre. Il mondo cattolico ha perso uno straordinario giornalista e saggista che sapeva interpellare criticamente la Chiesa in modo esigente, ma con la durezza dell’amore. Il mondo laico e le altre religioni hanno perso un uomo sempre aperto al dialogo, all’ascolto, al confronto, senza muri ideologici e senza pregiudizi clericali. Davvero, una voce profetica, che ci ha lasciato un po’ più soli.

Marco Boato

 

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